Georgia: preoccupazione per i diritti LGBT
|di Onnik Krikorian (Tbilisi, 30 maggio 2014)
In Georgia e nel resto del Caucaso il clima di intolleranza nei confronti della comunità LGBT sta assumendo tratti di isteria. Il resoconto della Giornata internazionale contro omofobia e transfobia nella regione.
Con un altro duro colpo ai diritti LGBT in Georgia, quest’anno a Tbilisi non si è celebrata la Giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia (IDAHOT). Secondo una dichiarazione rilasciata da IDENTOBA, un’associazione georgiana che lavora sulle tematiche LGBT, il clima era troppo pericoloso per rischiare una violenza analoga a quella scoppiata un anno prima. In compenso, con un gesto che gli attivisti vedono come un implicito ulteriore attacco, la Chiesa ortodossa georgiana ha dichiarato il 17 maggio la “Festa delle famiglie e dei genitori”.
“Purtroppo gli attivisti LGBT non sono in grado di organizzare alcuna protesta di fronte a questa situazione assurda, per motivi di sicurezza e per l’incapacità dello Stato di garantire la loro sicurezza”, si legge nella dichiarazione di IDENTOBA. “Fino ad ora, né noi né gli altri attivisti per i diritti umani abbiamo potuto incontrare i rappresentanti della polizia per discutere le questioni di sicurezza per quel giorno. Si prevede che le strade di Tbilisi saranno pericolose per le persone LGBT [ … ]”.
Inoltre è stata rinviata la prima di una commedia gay originariamente prevista per il 17 maggio. “Abbiamo preso la dolorosa decisione di non presentare ‘We Are Mad’ il 17 maggio 2014”, spiega il regista Otar Mikeladze in una dichiarazione riportata da Democracy & Freedom Watch. “La prima si terrà quando la Georgia diventerà un paese europeo”.
Diversa la situazione nel vicino Azerbaijan, dove la Nefes Azerbaijan Alliance ha organizzato per quella giornata un flash-mob all’insegna della ‘bandiera arcobaleno’ LGBT. Tuttavia Akif Tagi, leader del movimento nazionalista Karabakh Liberation Organisation, ha accusato il gruppo e l’ambasciata dei Paesi Bassi di ‘ostilità’ contro il paese. PINK Armenia invece, la principale organizzazione LGBT del Paese, non ha organizzato eventi, ma ha rilasciato una dichiarazione su ‘intolleranza e discriminazione sponsorizzate dallo stato’. La situazione in Georgia è tuttavia la più preoccupante, soprattutto in vista della firma dell’accordo di associazione UE fissata per il 27 giugno.
Un pericolo per la nazione
Il contro-evento annunciato dal Patriarca georgiano Ilia II, che ha richiamato molte centinaia di fedeli, è stato utilizzato anche per protestare contro la recente approvazione di una legge anti-discriminazione, parte del piano d’azione per la liberalizzazione dei visti con l’Unione europea. Peraltro, secondo gli attivisti per i diritti LGBT, la legge adottata il 2 maggio ed entrata in vigore cinque giorni dopo è una versione annacquata in seconda lettura dopo le critiche dalla Chiesa. “La legalizzazione dell’illegalità è un peccato molto grave”, ha dichiarato il Patriarca. “Ci sono questioni che non possono essere tollerate”.
Il 17 maggio è stata inoltre avviata una petizione per chiedere la rimozione dalla legge dei riferimenti a orientamento sessuale e identità di genere, cosa che potrebbe trovare il favore di un gran numero di georgiani. Secondo i risultati di un sondaggio pubblicato dal National Democratic Institute (NDI) all’inizio di questo mese, se il 73 e il 79 per cento degli intervistati ha dichiarato di ritenere importante la tutela dei diritti delle minoranze religiose ed etniche, solo il 24 per cento ha sostenuto lo stesso per le minoranze sessuali.
In un sondaggio effettuato dal Caucasus Research Resource Centers (CRRC) a seguito della violenza del 17 maggio dello scorso anno, il 50 per cento degli intervistati ritiene che “la violenza fisica può essere accettabile nei confronti di quelle persone o gruppi che mettono in pericolo i valori nazionali”. Solo il 46 per cento non è d’accordo, mentre il 57 per cento ritiene che “il successo di una celebrazione pacifica dell’IDAHOT avrebbe messo in pericolo la Georgia”.
Gli invisibili
Nonostante l’influenza della Chiesa in una società fortemente tradizionalista sembra aver raggiunto il suo scopo, la società civile continua con azioni di opposizione. Il 18 maggio, ad esempio, 100 paia di scarpe sono apparse sulla strada adiacente a Piazza della Libertà a Tbilisi, ‘per conto degli invisibili e contro l’invisibilità’.
“Oggi, queste scarpe vuote stanno al posto di quegli esseri umani che hanno osato, un anno fa, resistere contro l’invisibilità di un gruppo sociale, la comunità LGBTQ, cercando di smascherare la nostra spietata condizione [ … ]”, hanno scritto gli organizzatori dell’azione. “Questa è una protesta per gli invisibili e contro l’invisibilità. Nonostante non abbiamo ancora la possibilità di riconoscerci e apprezzarci l’un l’altro, noi esistiamo, con il nostro desiderio di far sentire la nostra voce [ … ]. Chiudere gli occhi e coprirsi le orecchie non cancellerà la nostra esistenza, non smusserà le nostre ferite e non porterà via la nostra capacità di provare empatia e amore”.
Il 19 maggio, in un flash-mob messo in scena nelle prime ore del mattino, i gradini vicino alla stazione della metropolitana di Piazza della Libertà sono stati dipinti con i colori della bandiera arcobaleno LGBT, mentre in tutta la città sono apparsi manifesti con le scritte “Sono qui contro l’omofobia. Non riesco a trovare un motivo per giustificare il vostro odio”.
Mordi e fuggi
Nonostante le tattiche “mordi e fuggi” per protestare contro l’omofobia della società, il trend rimane negativo. Pochi giorni prima del 17 maggio, il manager del gay-friendly ‘Cafe Gallery’ ha postato un aggiornamento su Facebook denunciando il fatto che la polizia aveva visitato la sede del locale per chiedere nomi, indirizzi e numeri di telefono dei membri dello staff che sono parte della comunità LGBT di Tbilisi. Nel frattempo, alla manifestazione organizzata dalla Chiesa, i fedeli accusavano e aggredivano apertamente chiunque apparisse loro gay o semplicemente ‘diverso’.
A testimonianza dell’isteria emergente tra alcuni georgiani di mentalità tradizionale, è scoppiata persino una rissa fra due uomini omofobi che si accusavano a vicenda di essere omosessuali.
In questo contesto, Irakli Vacharadze di IDENTOBA teme nuove minacce in futuro, se il governo non risponderà adeguatamente ai potenziali pericoli. “La Chiesa sta scaldando i muscoli e vede la legge anti-discriminazione come un attacco al loro diritto di aggredire liberamente le minoranze”, ha dichiarato Vacharadze a Osservatorio. “Il pericolo è che questa retorica possa partorire gruppi indipendenti, anche neo-nazisti, che la Chiesa non può controllare. Abbiamo già visto emergere i gruppi anti-immigrati, ma questo potrebbe essere solo l’inizio. Il peggio potrebbe dover ancora venire”.
Tutto questo potrebbe rivelarsi un grosso ostacolo al graduale avvicinamento del paese all’Europa.
“Deve essere chiaro che la questione non riguarda la cosiddetta propaganda per un certo stile di vita, ma diritti fondamentali per tutti gli esseri umani”, scrive Thomas Hammarberg, consigliere speciale dell’UE in materia di riforma costituzionale e giuridica e diritti umani in Georgia, in un report di settembre 2013. Ma gli attivisti della società civile come Vacharadze sostengono che il governo non è ancora pronto ad affrontare seriamente la questione.
La bandiera arcobaleno dipinta sui gradini vicino alla stazione della metropolitana di Piazza della Libertà ne è un esempio. Una settimana dopo la sua comparsa, è stata rimossa per quelli che sono stati presentati come “lavori di ristrutturazione”.
Questo articolo è stato originariamente pubblicato su Osservatorio Balcani e Caucaso.